[𝐓𝐄𝐑𝐀𝐌𝐎] Gli ultras tornano in piazza: “Per i nostri ragazzi ancora ai domiciliari”

Manifestazione il 23 marzo da largo Madonna delle Grazie. I tifosi accusano polizia e giudici: dagli incidenti di via Cupa a Giulianova, sono piovute decine di Daspo. Due dei 3 arrestati da 40 giorni ancora ristretti in casa


TERAMO – Tornano in piazza gli ultras del Teramo e stavolta non per lo stadio, come fatto il 28 gennaio scorso, ma per richiamare l’attenzione sullo status dei loro compagni ancora detenuti ai domiciliari, ravvivando una polemica che ha animato molto i giorni successivi al derby del 4 febbraio
scorso allo stadio Fadini contro il Giulianova. I gruppi del tifo biancorosso si ritroveranno sabato prossimo, 23 marzo, alle 16:30, in largo Madonna delle Grazie, e hanno anche diffuso una nota in cui spiegano le motivazioni di questa iniziativa:

“Abbiamo deciso di organizzare questa manifestazione per esprimere solidarietà a due nostri fratelli che da più di quaranta giorni sono sottoposti agli arresti domiciliari sulla base del NULLA: non c’è nessuna esigenza cautelare da osservare e che dovrebbe avere i caratteri, del tutto assenti in questo caso, della concretezza e dell’attualità. Non c’è alcun rischio d’inquinamento di prove, c’è anzi, la presenza di una persona incensurata. Anche la pericolosità sociale con la quale giustificano il perdurare degli arresti domiciliari è un evidente pretesto che non ha motivo d’essere, ma appare più un modus operandi vessatorio che ha come unica finalità quella di punire e non, come invece dovrebbe essere, chiarire le dinamiche e lo svolgimento dei fatti. È soprattutto a questo NULLA che noi vogliamo dare voce in questa manifestazione. I fatti che vengono contestati sono quelli ormai stranoti del 4 febbraio in via Cupa a Giulianova. Dopo gli arresti, che vennero effettuati la mattina seguente in flagranza differita, si sarebbe dovuto celebrare o quantomeno avviare, nell’arco di un tempo minimo, un processo per direttissima che invece viene continuamente rinviato, come se non si dovesse decidere della vita di persone ma di pacchi postali il cui fermo pare, a tutt’oggi, non interessi a nessuno.

“Al tempo non ci si spiegava perché si temporeggiasse anche per l’udienza di convalida, capendo solo in seguito che il disegno neanche tanto celato dall’alto era quello di far cadere la scelta sul magistrato di turno più incline ad assecondare i voleri dei locali organi di polizia. Quando si è arrivati al dunque in tribunale, dopo che erano passati già diversi giorni dagli arresti, i due non solo non sono stati scarcerati ma gli è stata negata anche la possibilità di andare a lavorare, violando di fatto non solo sacrosanti diritti costituzionalmente garantiti, ma mettendo in serio rischio anche la loro sussistenza per il futuro. Un terzo ragazzo invece, anche lui arrestato in flagranza differita, è stato rimesso in libertà perché domiciliato per lavoro all’estero, con un foglio di divieto di residenza (!) che non gli permette di mettere piede in Abruzzo dove vive la sua famiglia. Dopo due passaggi al tribunale del riesame dell’Aquila che, in un lavoro di copia e incolla rispetto a quanto già asserito da quello di Teramo, hanno rigettato le istanze presentate dagli avvocati per dare la possibilità ai due ragazzi di andare a lavorare, nonostante il PM avesse espresso parere positivo, si resta in attesa che anche la Cassazione si pronunci in merito, speriamo finalmente con esiti positivi, il 17 aprile prossimo.

“Abbiamo deciso di dire BASTA e di portare per le strade di Teramo la nostra rabbia e di rendere nota a tutti una situazione a dir poco paradossale. Il tutto crediamo noi, fa parte di un più ampio disegno repressivo che va a ledere le stesse esistenze di questi ragazzi e le motivazioni di tale ingiustificata durezza va ricercato nell’ondata mediatica che i fatti sviluppatisi quel giorno a via Cupa hanno avuto a livello locale e nazionale. L’incapacità dimostrata nei fatti dagli organi di polizia nella gestione del servizio d’ordine pubblico quel giorno viene completamente distorta agli occhi dell’opinione pubblica, non ammettendo il loro fallimento che rimane invece sotto gli occhi di tutti e scaricando la responsabilità di quello che è successo su altri fattori.

“Ad avvalorare questa tesi si aggiungono gli ulteriori venti provvedimenti di diffida, di cui più della metà di una durata di otto anni, corredati dall’obbligo di presentazione in questura per ben due volte quando gioca il Teramo e quattro avvisi orali, il tutto in un clima di caccia alle streghe che, ripetiamo, non ha nulla a che fare con i fatti accaduti quel giorno ma dimostra chiaramente la volontà di annientamento del pensiero Ultras cittadino. Siamo sempre stati consapevoli di ciò a cui andiamo incontro vivendo come viviamo, noi abbiamo sempre pagato il nostro modo di essere e pagheremo anche questa volta, certi di non avere alcuno sconto da chi vorrebbe che fossimo altro rispetto a ciò che siamo. Ma non per questo siamo disposti a rimanere in silenzio e farci trattare come carne da macello o di vedere usate le nostre esistenze e quelle dei nostri familiari come il trampolino di lancio per le carriere di qualcuno in questura o in tribunale e che, al contrario, non è in grado poi nei fatti di svolgere con responsabilità il ruolo per il quale la collettività lo paga“.

Fonte: Enmelle

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